GERMANIA
ORTO BOTANICO DI BERLINO
Il Mondo in un Giardino
Fotografie Cristina Archinto
Testo Carla De Agostini e Noa Terracina
L’Orto Botanico di Berlino coi suoi 43 ettari e le sue 22.000 specie di piante è una vera e propria istituzione botanica ed è uno dei più grandi al mondo. Fondato nel 1679 come luogo adibito alla coltivazione di ortaggi, si è poi spostato nel quartiere di Lichterfelde, subendo una trasformazione significativa in giardino paesaggistico tra il 1897 e il 1910 sotto la direzione di Adolf Engler il cui motto era “il mondo in un giardino”.
In un terzo dell’intera area esterna dell’orto le piante sono disposte in un ordine fitogeografico, ovvero per area geografica, per cui in quest’area è come passeggiare per i diversi habitat del mondo: dai boschi alle praterie, e dalle montagne degli Stati Uniti a quelle dell’Asia. Per esempio, nei giardini rocciosi sono rappresentati gli Appalachi del versante atlantico e le montagne del Pacifico californiano. Si può poi attraversare l’altopiano anatolico e l’Himalaya, dove è riprodotta la vegetazione sia del versante occidentale caratterizzato da lunghe piogge monsoniche, sia di quello orientale con mesi ancora più umidi e differenze visibili. Per poi concludere in Giappone, dove si possono riconoscere Prunus, Magnolie, e vari tipi di foresta con ad esempio la Cryptomeria japonica e la Sophora japonica.
Le zone esterne sono altrettanto interessanti, si passa per l'arboreto che raggruppa gli alberi in base alle loro relazioni naturali, il giardino che stimola l'olfatto e il tatto con piante aromatiche comuni e non, o il giardino delle piante medicinali con circa 230 tipi di piante disposte per aree di applicazione per specifiche malattie, c'è persino un piccolo giardino all’italiana, fino ad arrivare alle paludi e ai giardini acquatici con 200 piante di cui alcuni esemplari in via di estinzione.
Un altro angolo molto piacevole è il roseto, molto ben tenuto, ha una notevole collezione di rose da tutto il mondo. Infine, c’è la zona delle piante erbacee, in parte protetta dal passaggio dei visitatori, con al suo interno un’ottantina di piante in via di estinzione.
Ma il vero fiore all’occhiello è la grandissima Serra Tropicale, dichiarata Patrimonio dell'Umanità, che da oltre cent’anni è il simbolo del Giardino Botanico. Esempio notevole di architettura in vetro e acciaio del XIX secolo, ancora oggi è una delle serre autoportanti più imponenti e più grandi del mondo, con più di 1.400 specie di piante. Distrutta nell’autunno del 1943 durante la guerra, negli anni 60’ viene ricostruita una prima volta, ma solo grazie all’ultima ristrutturazione del 2009 con materiali tecnologici innovativi diventa una struttura completamente all’avanguardia: con forti risparmi energetici, fino punte al 70% negli impianti di climatizzazione, fondamentali nelle serre.
Suddivisa in quattordici ambienti distinti tutti collegati, è da sempre un incanto per chi vi passeggia per la sovrabbondanza di piante e fiori variopinti di ogni tipo e specie: dai bambù giganti nella serra tropicale, alle felci con più di 200 anni, con la collezione di orchidee e piante carnivori nella serra delle felci.
Anche le succulente, provenienti dalle regioni tropicali e subtropicali del Vecchio Mondo, hanno una loro serra, in cui dominano le specie di Euphorbia, a forma di candelabro, e di aloe con le loro grandi foglie carnose. La serra vicina invece presenta un paesaggio di succulento del Nuovo Mondo, dove risiedono soprattutto cactus cresciuti a dismisura, ma anche specie come le agavi e altre Crassulaceae.
L’ultima arrivata invece è la Victoria House, dove oltre a primeggiare le famose ninfee giganti, come la Victoria Amazonica che con le sue imponenti foglie galleggianti può sopportare fino a un peso di oltre 100 kg distribuito uniformemente, si studiano anche alcune specie che secondo Frontiers Plants Biology sono in via di estinzione, come in Bolivia a causa della distruzione del loro habitat.
Un altro luogo di eccellenza è il Museo Botanico aggiunto nel 1905 al complesso dell’Orto Botanico: unico nel suo genere in tutta l’Europa centrale, conserva oltre al prezioso patrimonio dello storico erbario regio e dell’erbario berlinese, gli studi focalizzati sulle interazioni tra i viventi con la chimica dei terreni, la fisica e l’idrologia. Tale impostazione è ereditata dalle ricerche di Adolf Engler, celebre per il suo approccio alla tassonomia delle piante, basato su schemi evolutivi ispirati da Charles Darwin, cui aggiunge l’importanza della distribuzione geografica: l’idea per cui le piante si adattano alle condizioni climatiche, formando delle comunità. In quegli anni presto si parlerà di biotopo, ossia di unità minime territoriali che permettono lo sviluppo di organismi viventi, piante e animali, con determinate caratteristiche fisico-chimico-climatiche; un concetto cruciale per lo sviluppo e la conoscenza di habitat, climi ambientali e dell’odierna ecologia. Per questo la visita al museo è dedicata, oltre che alla discendenza delle piante, ai tipi di vegetazione e ai loro diversi ambienti, all’influenza che l’ambiente e le condizioni climatiche esercitano sulla morfologia delle piante.
L’Orto Botanico di Berlino è veramente un crocevia di conoscenze e biodiversità, un luogo di studio e ricerca, ma anche di ospitalità per chiunque voglia passeggiarvi e respirare aria da tutto il mondo. Non c’è stagione che non si distingua egregiamente per i suoi colori, profumi, o scenari, e ogni scusa è buona per passare da qui.
IN EVIDENZA
LA VICTORIA AMAZONICA
La Victoria Amazonica è un nome che ci evoca quelle enormi foglie galleggianti su l’acqua. Ma non tutti sanno che è stata la morfologia di questa ninfea unica a ispirare la serra Crystal Palace di Kew di Londra nel 1851, realizzato in ferro e vetro. L’idea parte proprio dalla forza della foglia, le cui costole della faccia inferiore, organizzate come un sistema di contrafforti, riescono a reggere fino a 100 kg un peso distribuito uniformemente. Le foglie centriche a simmetria radiale rigide e coperte da robuste spine sono rinforzate da più nervature concentriche e flessibili distribuite in direzione opposte, caratteristica morfologica che si ripresenta nella soluzione costruttiva del Crystal Palace.
Ma il fascino delle Victoria non si ferma qua, i loro enormi fiori possono raggiungere i 30 cm di diametro, e sbocciano solamente per un giorno e due notti. La prima sera, al crepuscolo, si apre un grosso bocciolo ricoperto di spine e appare un fiore bianco che grazie a una reazione termodinamica innalza la propria temperatura interna 11 gradi sopra a quella ambientale. Questo calore sprigionato e un profumo, simile all’ananas attraggono i coleotteri che all’alba, quando il fiore si richiude, vi rimangono intrappolati. Ma non essendo piante carnivori non muoiono, bensì vi trascorrono la giornata nutrendosi delle appendici floreali ricche di amido. La seconda notte il fiore cambia colore, e prende le tinte del rosa o del rosso e al tramonto libera gli insetti, che intrisi di polline vanno a fecondare un altro fiore. All’alba del secondo giorno il fiore appassisce, si richiude e si immerge, ed è lì che maturerà il frutto.